Cucina

Quali cotture privilegiare con la bistecchiera

Quali cotture privilegiare con la bistecchiera

Chi sceglie di acquistare una bistecchiera lo fa principalmente per una scelta di cucina. La bistecchiera è infatti uno strumento che si presta principalmente ad alcuni tipi di cottura e preparazione. Un po’ limitato in questo senso, se vogliamo. Ma è anche un prodotto specifico. Per cui consente di trarre il massimo dalle specifiche cotture cui è preposta. Quando si decide di acquistarla sarà dunque importante sapere quale tipo di cotture si possono effettuare e come farlo.

Trascurare questo aspetto potrebbe infatti portarci ad acquistare una bistecchiera senza realmente sfruttarne le potenzialità. O peggio, rovinandola con preparazioni inopportune. Vediamo dunque innanzitutto quali sono i modelli di bistecchiera in commercio e quali sono quelli più versatili per poter effettuare il maggior numero di preparazioni.

I modelli di bistecchiera più versatili per cuocere

Come abbiamo detto, ogni tipologia di bistecchiera si presta meglio di altre a specifici tipi di cottura. Non esistono modelli universali ma alcuni che riescono a garantire un buon numero di cotture in base al modo in cui le si utilizza. Ovviamente bisognerà avere un po’ di maestria e capacità nel sapere cucinare. Sicuramente uno dei modelli di bistecchiera più versatili è quello con coperchio. Perché consente delle cotture che non si limitano solo alla modalità con piastra e griglia. Ma anche a cotture al vapore o con effetti simili a quelli di un forno.

Quando abbiamo voglia di sperimentare e molta fantasia per quanto riguarda le cotture possiamo sicuramente affidarci a questa tipologia. Troveremo senz’altro anche molti metodi di cottura alternativi cercando un po’ sul web e su siti specializzati come Redacademy. Ovviamente con un modello di bistecchiera con coperchio avremo una vasta alternativa per quanto riguarda le modalità di cottura e anche di pietanze. Ma questo determina anche il tipo di cibi che vogliamo cuocere. Gli aspetti più importanti da valutare riguardo una bistecchiera sono:

  • Il materiale con cui è realizzata;
  • La superficie di cottura;
  • Il fondo di cottura;
  • Gli elementi di giunzione, come manici, prese e coperchi;

Valutati questi elementi con attenzione si potrà anche sapere se ci troviamo di fronte ad una bistecchiera di qualità oppure una economica e funzionale. Anche il prezzo sarà un buon indicatore per capire se è un modello valido oppure meno. L’aspetto che dovrà comunque preoccuparci di più è relativo alla tenuta dei materiali. Perché da quello dipenderà anche la salubrità dei cibi che vi andremo a cuocere. Quindi è sicuramente un aspetto che non si può assolutamente trascurare. La salute viene prima di ogni altra valutazione.

Tipologie di cotture a confronto

Per acquistare una bistecchiera buona senza spendere troppo si può trovare qualche consiglio su Miglioribistecchiere. Almeno saremo anche più sicuri in merito alla tenuta della bistecchiera durante le varie cotture. Sì, ma quali sono le tipologie di cotture ideali per un modello di bistecchiera? Dipende innanzitutto dal tipo di modello che abbiamo. La modalità griglia è sicuramente una delle più gettonate. Ma si potrà fare solo con una bistecchiera che ha la superficie di cottura con questa configurazione.

Per quanto riguarda le cotture a fuoco lento potremo affidarci anche a modelli antiaderenti. In modo che le pietanze, con i loro succhi, non si incollino al fondo della bistecchiera. Esistono anche modelli più o meno professionali di questa tipologia. Ma sono sicuramente i più validi per cotture lente e con cibi come carne, uova, formaggi, che perdono liquido e rischiano di incrostare il fondo della bistecchiera. Le cotture alla piastra invece sono ottime per cotture veloci e gustose. Manterranno intatti i valori nutrizionali delle pietanze il più possibile. Per chi vuole una cottura con meno grassi, la configurazione a griglia, però, sarà quella consigliabile.

Le ricette campane più conosciute in Italia

Le ricette campane più conosciute in Italia

L’Italia è famosa per la sua cucina, ma ogni regione ha le sue specialità e i suoi piatti tipici, dalla pasta alla norma siciliana a riso, patate e cozze pugliese, fino agli agnolotti piemontesi e al ragù alla bolognese dell’Emilia-Romagna.

Alcune di queste ricette hanno fatto il giro del mondo perché particolarmente apprezzate anche dagli stranieri che hanno reso così famosa e popolare la nostra cucina.

Tra le regioni che vantano le più gustose ricette di primi e secondi c’è naturalmente la Campania, terra di artisti, di sole e di mare, di grandi bellezze e, soprattutto, del buon cibo.

Anche le stesse regioni italiane attingono alle ricette campane sia nei ristoranti che nelle cucine delle famiglie. Ci sono, infatti, alcune ricette che sono famose e replicate in tutto il resto dello stivale.

Vediamo, quindi, quali sono le ricette campane più conosciute in Italia.

I piatti più amati della cucina campana

È scontato dire che il piatto più famoso della Campania sia la pizza, ma ci sono tante altre ricette tipiche della regione che anche il resto d’Italia ama riproporre nelle proprie cucine.

Tra queste c’è un secondo molto gustoso e ricco di sapori. Stiamo parlando di salsiccia e friarielli, considerato uno dei più famosi piatti natalizi della cucina campana. Questa ricetta si utilizza anche per farcire pizze o panini, ma anche da mangiare semplicemente nel piatto è ottimo. Un piatto che si prepara semplicemente in padella con i fiori e le foglie delle cime di rapa.

Gli gnocchi alla sorrentina sono uno tra i primi piatti più famosi della regione che, come suggerisce il nome stesso del piatto, ha origine nell’area di Sorrento. Si tratta di un piatto composto dagli immancabili gnocchi fatti di patate, farina e acqua, cotti e conditi con la salsa di pomodoro, il fiordilatte, il parmigiano ed il basilico. Vengono poi infornati in un piccolo tegame di coccio anche noto come pignatiello, nel quale vengono poi serviti, molto caldi.

Originariamente in Campania gli gnocchi venivano anche chiamati strangulaprievete da cui l'impropria traduzione negli odierni strangolapreti.

Un altro primo piatto molto famoso e amato da tutta Italia è la pasta con fagioli e cozze, un piatto ricco di sapore e cremoso che consiste in un fantastico mix tra legumi e frutti di mare che danno vita ad un primo saporito e gustoso. Il segreto di questa ricetta sta nell’utilizzo dell’acqua di cottura delle cozze, che dà al piatto un sapore unico.

I dolci tipici della cucina campana

Oltre ai primi e ai secondi, la cucina campana è famosa anche per i suoi dolci che oggi possiamo trovare, fortunatamente, anche nelle altre regioni d’Italia.

Tra i dolci più popolari non possiamo non nominare il Babà, sia nella sua versione standard che “mignon”. Il dolce tipico campano è una vera esplosione di gusto, con la bagna di rum ed una consistenza morbida e vellutata. Non mancano, poi, le sue varianti con crema pasticciera e con l’amarena, ma anche con la panna ed una fragola. Le pasticcerie lo propongono in varie dimensioni, fino alle versioni più grandi per poter soddisfare tutta la famiglia.

Altro dolce tipico della cucina della regione Campania è ovviamente la pastiera, il dolce che si prepara durante il periodo di Pasqua. Un dolce composto da grano, ricotta e canditi che tutta Italia ama alla follia.

Non si può andare in Campania senza assaggiare le famose sfogliatelle, lisce o frolle, che avvolgono con il loro sapore inconfondibile. Più difficili da trovare nel resto d’Italia, le sfogliatelle vengono preparate nelle cucine italiane per portare un po’ di Campania anche quando si è distanti. Ma una cosa è certa, non si tocca la ricetta e non sono ammesse variazioni agli ingredienti principali di questo dolce campano.

Dolci natalizi marchigiani: quali sono i migliori?

Dolci natalizi marchigiani: quali sono i migliori?

Il Natale è il periodo più atteso dell’anno, durante il quale si respira aria di festa e di voglia di stare insieme. A tavola si consuma uno dei momenti di maggiore condivisione e, tra le tante pietanze, i dolci natalizi sono senza dubbio i protagonisti assoluti. Abbiamo deciso di parlarvi di alcuni dei dolci di Natale della regione Marche, scegliendo le ricette tradizionali di origine contadina, quasi tutte a base di frutta secca, anice e miele.

Cavallucci

cavallucci sono originari di Apiro in provincia di Matera. Sono dei dolcetti molto sostanziosi a base di frutta secca (noci, mandorle e nocciole), cioccolato, canditi, fichi secchi, uvetta e sapa. Negli ingredienti c’è anche il caffè e diversi liquori come il marsala o il mistrà, un prodotto caratteristico della regione, a base di anice verde. Dopo la preparazione del ripieno, si prendono dei pezzetti di sfoglia e si farciscono dandogli la forma di ferro di cavallo. Vengono poi cotti in forno e, spesso, colorati con l’alchèrmes.

Il Frustingo

Il frustingo è molto diffuso nelle province di Macerata, Fermo e Ascoli Piceno. È un dolce tipico della tradizione marchigiana, a base di fichi e frutta secca. Si tratta di un pane povero ma molto sostanzioso, in passato consumato come pane mielato, con latte e miele. Il pane raffermo viene tagliato sottilmente e poi ammorbidito in un brodo di fichi. Bisogna anche preparare del mosto cotto in cui aggiungere fichi secchi, cioccolato, spezie, anice e, infine, olio d’oliva.

Pan Nociato

Il pan nociato è uno dei dolci natalizi marchigiani della tradizione contadina più famosi, il vero protagonista delle tavole di un tempo. Veniva preparato con ingredienti presenti in tutte le case, ovvero: fichi secchi, noci, uvetta, farina, uova e olio. Nella zona di Camerino, si confezionava il giorno dei morti e veniva poi preparato per tutto il mese di novembre. Nel maceratese, invece, si era soliti preparalo a Natale e mangiarlo dopo la messa della Vigilia. Il pan nociato viene chiamato anche Pizza con le noci. Come per tutti i dolci, ne esistono diverse varianti. Puoi assaggiare la ricetta originale del pan nociato su Tasting Marche.

Lu Serpe

Come il nome fa intuire, questo dolce natalizio marchigiano ha la forma di una serpe. È tipico di Falerone, piccolo paese al quale se ne attribuisce la sua invenzione. Infatti, secondo la storia locale, questo dolce fu preparato per la prima volta al monastero del paese. Le monache clarisse hanno avviato la tradizione di sfornarlo l’8 dicembre, il giorno dell’Immacolata Concezione e ripeterlo per tutta la durata del periodo natalizio. Consumare questo serpente di pasta frolla è un rito. Allegoricamente parlando, simboleggia la fine del peccato originale, completamente cancellato dalla nascita di Gesù. Ripieno di mandorle e amaretti alla cannella, viene poi glassato e decorato in modo da assomigliare a “lu serpe”.

Il torrone di Camerino

Il torrone di Camerino è nato alla fine dell’800 dall’idea della famiglia Francucci, pasticceri camerinesi. Noto fin da subito per la sua qualità superiore, arrivò anche sulla tavola della Real Casa Savoia. Puoi leggere tutta la storia qui. Oggi sono disponibili circa 18 varianti, dalla storica del “biondo”, friabile e realizzata con miele, mandorle e zucchero, fino a quelle più particolari. Per ottenere un prodotto di qualità occorrono materie prime eccellenti e tempo, sono necessarie, infatti, almeno 5 ore di cottura lenta.

I biscotti del pescatore

biscotti del pescatore hanno questo nome perché mantengono a lungo la loro originaria consistenza. Sono realizzati con farina, uova, zucchero ammorbidito, frutta secca varia, uva, burro e frutta tritata. Si preparano velocemente, bastano appena una ventina minuti. Ideali per colazione, merenda e per il fine pasto, accompagnati da una tazza di caffè o un liquore secco.

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Problemi di glicemia: quale frutta è più adatta per i diabetici?

Frutta per diabetici: qual è la più adatta per i diabetici?

Il diabete è una patologia legata a un’alterata attività dell’insulina, l’ormone del pancreas che si occupa di controllare i livelli di zuccheri nel sangue, tenendo a bada la glicemia.

In Italia sono quasi 4 milioni le persone che ne soffrono e soprattutto quello di tipo 2 è strettamente correlato all’alimentazione. Per questo motivo le persone che soffrono di diabete dovrebbero seguire una dieta ad hoc per tenere sotto controllo il livello degli zuccheri nel sangue e non eccedere nel carico glicemico, limitando le porzioni di alimenti ad alta densità glucidica come pasta, pane, frutta ed alcuni ortaggi.

Un argomento che spesso induce in confusione i pazienti che hanno problemi di glicemia è quale frutta sia più adatta per i diabetici. Continua a leggere questo approfondimento per saperne di più.

Diabete: quali frutti scegliere?

I frutti da mangiare quando si è diabetici, seppur con una certa moderazione, sono mele, pere, nespole, fragole, albicocche, arance, pesche e lamponi. Sono sconsigliati, invece, frutti come cachi, fichi, banane, uva, frutta secca, canditi e frutta sciroppata.Bisogna fare particolare attenzione anche ai succhi di frutta che quasi sempre contengono zuccheri aggiunti. Meglio optare per frutta fresca o spremute fatte in casa.

Un consiglio è variare i frutti scegliendo quelli freschi di stagione, al fine di poter trarre il massimo dai nutrienti e dal gusto.

Frutta con alto indice glicemico: come capirlo?

L’indice glicemico (simbolo IG) è un elenco graduato per indicare quali alimenti influenzano il livello di zucchero nel sangue. Gli alimenti considerati con un valore IG basso sono pari o inferiori a 55. L’indice glicemico può variare in base a diversi fattori, come la quantità di frutta che stai mangiando e il modo in cui viene preparata. Più un frutto è maturo più alto sarà il suo indice glicemico.

Diabete: quanta frutta assumere?

Per evitare che i diabetici raggiungano livelli elevati di glucosio ematico è necessario stare attenti alla quantità di frutta da consumare. La porzione di frutta per diabetici non dovrebbe mai contenere più di 15 grammi di carboidrati. La grandezza di tale porzione varia semplicemente in base al contenuto di carboidrati presenti nel frutto. Sarà dunque ovviamente maggiore per quelli a basso indice glicemico e minore per la frutta che contiene più zuccheri.

In che cosa consiste la dieta chetogenica

In che cosa consiste la dieta chetogenica

La dieta chetogenica è un sistema alimentare che, come si può facilmente comprendere dal nome, induce l'organismo ad entrare in uno stato metabolico chiamato "chetosi", o "acetonemia". La formazione di elevati livelli di corpi chetonici nel sangue si verifica pochi giorni dopo aver iniziato la dieta, ed è la conseguenza della ridotta assunzione di carboidrati.

Quando viene drasticamente diminuito l'apporto di carboidrati (dai quali l'organismo normalmente attinge per ricavare gli zuccheri necessari alla produzione di energia), il fabbisogno energetico viene soddisfatto utilizzando il grasso presente nei tessuti adiposi, bruciandoli. Questo procedimento è la "chetosi". Si tratta di uno schema dietetico che permette di ridurre il grasso in eccesso, garantendo risultati visibili in tempi molto brevi. Da molti viene ritenuta una dieta iperproteica, ma, se seguita correttamente, rappresenta un regime normo-proteico. L'aumento del consumo di grassi, mantenendo regolare l'apporto di proteine, necessarie a conservare la massa muscolare ed evitare deperimento e, contestualmente, riducendo l'assunzione di carboidrati, rappresentano gli elementi cardine della dieta chetogenica. Come vedremo in questo articolo, andare in chetosi mediante il regime alimentare chetogenico è assai stressante e lungo (circa 10 giorni almeno) e quindi, sono utili gli integratori di chetoni esogeni, che ti aiuteranno ad accelerare l'entrata in chetosi nutrizionale utilizzando 2 bustine al giorno e avendo un'alimentazione con pochi carboidrati.

Cosa si mangia nella dieta cheto

Gli alimenti che possono essere consumati sono ridotti, in particolare:

  • alimenti proteici: carne, pesce, uova, formaggi e alimenti vegani con ridotto contenuto di carboidrati (non oltre il 5%);

  • alimenti lipidici: olio extravergine di oliva, olio di semi e di cocco, burro, frutta secca, cioccolato fondente e cacao amaro;

  • verdure a foglia o, comunque, a ridotto contenuto di zuccheri.

Perché scegliere la dieta chetogenica?

Questo regime alimentare, che può risultare drastico e difficile da seguire (dove anche un piccolo peccato di gola può vanificare gli sforzi dei giorni precedenti), può essere molto utile in tre contesti particolari e molto diversi tra loro come dimostrato dagli studi del precursore Dottor George Blackburn:

  • Necessità di dimagrimento rapido e obesità. La perdita di massa grassa è dovuta alla riduzione di calorie, che permette di consumare i lipidi a scopo energetico;

  • Riduzione dei sintomi collegati all'epilessia infantile, qualora non vi sia risposta all'uso di farmaci;

  • Patologie metaboliche, come ad esempio ipertensione arteriosa e iperglicemia. Essa mantiene infatti costanti i livelli di glicemia nel sangue.

Può risultare efficace anche nella cura di alcune malattie dermatologiche, come acne e psoriasi.

Ci sono controindicazioni?

La maggior parte degli svantaggi è la conseguenza degli elevati livelli chetonici nel sangue. Questi sono:

  • Disidratazione;

  • Aumento del carico di lavoro per i reni, sovraccaricati dalla presenza dei corpi chetonici;

  • Possibile ipoglicemia e ipotensione.

Risulta quindi non adatta a chi soffre di patologie epatiche o renali, insufficienza cardiaca, per soggetti diabetici di grado 1, in presenza di disturbi psichiatrici gravi, per donne in gravidanza e allattamento, bambini e persone soggette a disturbi alimentari. Possono presentarsi anche alcuni effetti negativi temporanei sullo stato fisico, come: nervosismo, stanchezza, irritabilità e, a volte, capogiri. Tuttavia essi tendono a scomparire rapidamente, appena l'organismo entra in chetosi si ha una sensazione di benessere e scompare il senso di fame.

In conclusione: come e perchè scegliere la dieta chetogenica

La dieta chetogenica ha un effetto dimagrante elevato, bruciando i grassi e riducendo visibilmente, e in tempi brevi, i depositi adiposi. Risultati visibili già dopo pochi giorni. È tuttavia un regime che va mantenuto per tempi brevi, al massimo per tre settimane, in quanto risulta inevitabilmente sbilanciato. La reintroduzione dei carboidrati dovrà avvenire molto gradatamente per non vanificare gli sforzi fatti, fino a raggiungere un'alimentazione bilanciata di tutti i nutrienti. È adatta a persone in buona salute che necessitano di un trattamento d'urto, rapido ed efficace anche quando altri metodi falliscono. Va valutata attentamente in base alle necessità e alle caratteristiche del singolo individuo ed è sempre valido e importante rivolgersi ad un nutrizionista o ad un medico, in quanto i rischi di diete fai da te, soprattutto quando, come in questo caso, implicano delle carenze alimentari, sono molto elevati.

Amarone della Valpollicella: tutte le caratteristiche

Amarone della Valpollicella: tutte le caratteristiche

Amarone della Valpollicella: tutte le caratteristiche da conoscere e scoprire, per degustarlo al meglio durante le occasioni speciali e non solo. Questo vino rosso che ha reso celebre l'omonima zona collinare è uno dei più amati e apprezzati non solo del Veneto ma del nostro Paese. Eleganze e intensità sono le due caratteristiche principali che lo contraddistinguono e che lo rendono unico. Vediamo come è nato, come viene prodotto e quali sono i migliori abbinamenti gastronomici.

Amarone della Valpollicella: tutte le caratteristiche da sapere

Ricavato prevalentemente da uve passite, l'Amarone della Valpollicella rientra fra i vini rossi del veneto più sontuosi e rinomati. Si narra che sia nato per puro caso dal "Recioto", che sarebbe un passito dolce che si preparava anticamente secondo una precisa e meticolosa tradizione veneta. Pare che questo nobile rosso sia stato il frutto di un errore commesso da una cantina sociale del luogo, probabilmente per via di una fermentazione continuata oltre il tempo necessario. Quando Adelino Lucchese provò il vino, che immaginava di sentire al palato molto dolce, coniò il termine "Amarone", proprio per indicare un sapore piuttosto secco e senza zuccheri. Le prime etichette di questo vino risalgono alla fine degli anni '30 ma la commercializzazione vera e propria ebbe inizio circa dieci anni dopo.

Le uve impiegate sono principalmente "Corvina", "Rondinella" e "Molinara", ma spesso vengono abbinate anche altri vitigni della zona. La produzione è comunque molto accurata e richiede grande esperienza nel settore. I singoli grappoli vengono infatti selezionati ben due volte allo scopo di garantire un prodotto finale eccellente, prodotto secono l'antica tradizione del luogo. Finita la selezione i grappoli sono pigiati per realizzare il mosto, che poi passerà alla fase della fermentazione, per essere accolto all'interno di botti in legno prima della definitiva fase dell’imbottigliamento. Occorre segnalare che la pigiatura avviene durante la stagione invernale, in genere nei mesi di gennaio e febbraio. La bassa temperatura consente una lunga macerazione e ciò si traduce anche in una maggiore complessità. Di contro, tuttavia, serve un affinamento abbastanza lungo.

A chi si rivolge l'Amarone?

Questo vino intenso non viene indistintamente apprezzato da tutti. Questo vuol dire che non si rivolge certamente ad ogni palato, ma di certo a quelli più esigenti. Si tratta infatti di un rosso molto pieno e strutturato, per questo facilmente distinguibili e adatto a chi cerca forti emozioni. Il suo colore è rubino intenso che tende al granato. Anche il bouquet è piuttosto ampio e richiama non solo i frutti di bosco, ma anche prugna, amarena e spezie profumate. Una volta in bocca si rivela piuttosto denso, espandendosi fino a diventare particolarmente morbido e caldo. In linea generale è possibile affermare che appartiene a quei vini che richiedono qualche anno per raggiungere una certa rotondità, oltre che un apprezzabile equilibrio. Ecco spiegato come mai molti Amaroni riescono a dare il meglio e a sprigionare tutta la massima eleganza dopo diverso tempo. Questo ad esempio è il caso dell'Amarone Accordini iginoaccordini.it, che prevede un appassimento lento per 5 mesi, una vinificazione che può durare anche 2 mesi e la raffinazione di 1 anno, prima di passare nelle botti di acciaio in attesa dell'imbottigliamento finale.

Abbinamenti in cucina

L'Amarone regala intense emozioni quando viene abbinato a pietanze a base di carne, come ad esempio arrosti, lasagne, sughi di cinghiale, ragù di anatra, cervo e salsicce piccanti. Molto interessante anche l'abbinamento con formaggi di media e lunga stagionatura, fra cui l'Asiago e il Pecorino. Gli amanti del barbecue potranno riscoprire nell'Amarone della Valpollicella un vino in grado di regalare sensazioni uniche. Il contrasto fra sapori affumicati e dolci propri della carne di maiale si sposano infatti perfettamente con questo vino in grado di ricompensare con grandi gioie.

La cucina napoletana i piatti tipici della tradizione

Piatti tipici napoletani: dal sarchiapone al biscotto all’amarena

Quanto è bello mangiare. Ma un posto che offra così tante pietanze come Napoli, molto probabilmente non esiste. A Napoli c’è profumo di pizza, di limoni, di babbà, di pietanze che hanno reso la cucina italiana famosa in tutto il mondo.

A Napoli è nata la cucina gourmet, grazie alla mescolanza dei prodotti locali con gli chef provenienti dalla Francia, voluti dalla regina Maria Carolina, moglie di Ferdinando IV. Da quell’unione sarebbero nati dei piatti buonissimi, che ancora oggi vengono serviti nelle trattorie e nei ristoranti napoletani: per esempio ragù, gattò, sciù, crocchè, sartù, supplì, babbà, tutti nomi trasformati dalla originale lingua francese (ragoût, gâteau, chou ad esempio) in parole dialettali.

Per quanto riguarda i piatti tipici napoletani, c’è una lista infinita di primi piatti: pasta e patate, pasta fagioli e cozze, pasta e ceci, sartù di riso, lo scarpariello, spaghetti alle vongole. Scopriamone alcuni.

Cominciamo già con il consiglio post-scorpacciata:

Il sarchiapone

Come ricorda storienapoli.it, il Sarchiapone è il digestivo per eccellenza inventato dagli acquafrescai. Si tratta di un mix di acqua frizzante, bicarbonato e succo di limone. Una bevanda apparentemente estiva ma che in realtà viene utilizzata dopo aver mangiato tanto, per digerire più in fretta.

E adesso approfondiamo alcuni piatti della tradizione.

La genovese

Immancabile per un primo giro a Napoli. Chi non ha mai assaggiato questo speciale ragù di cipolla, deve assolutamente rimediare. Questo è un piatto antichissimo, ma soprattutto delizioso: è il manifesto della cucina buona fatta in casa. Ti verrà voglia di dire “Ti amo” dopo averlo assaggiato. Per cucinarla ci vuole una carne speciale, il lacerto e tante, tantissime cipolle accompagnate da un livello di pazienza invidiabile, visto che la cottura è talmente lenta che rischi di addormentarti mentre aspetti. Ma l’attesa, si sa, è essa stessa il piacere.

La pizza

Sei nella terra della pizza e non trovare una buona pizzeria è davvero un’impresa. Non si sa se i napoletani ce l’abbiano nel sangue, ma l’arte della pizza qui è una religione. Ci sono due varianti a Napoli: c’è chi la fa bassa, sottile, fine e allo stesso tempo soffice e poi c’è chi la preferisce col cornicione alto, più piccola, più “italianizzata” ma che resta sempre una goduria per il palato.

Il crocché

Simbolo del cibo da strada, il crocché (o anche volgarmente detto “panzerotto”) al suo interno deve contenere la mozzarella filante. C’è chi arricchisce la patata con qualche spezia, ma comunque lo si provi, questo capolavoro culinario è capace di emozionarti fin dal primo boccone.

La frittatina

Attenzione a non scambiarla per una semplice frittata di pasta. La frittatina a Napoli è delicata, soffice, buona, come in nessun posto potrai mai mangiarla. Le più famose si trovano al Centro Storico, ma tra il quartiere Vomero e i Colli Aminei ci sono delle concorrenti che non ti aspetteresti.

Il supplì

Una premessa è d’obbligo: il supplì non è un’arancina. Ovvero, è un’arancina allungata, al pomodoro e rigorosamente fatta di sola carne con piselli. In tre morsi sarai estasiato dagli odori ammalianti del supplì napoletano.

Non dimentichiamo i dolci:

La sfogliatella

Riccia o frolla? Questo è il dilemma. Ogni volta è la stessa storia, lo stesso bivio. Ma ti consigliamo vivamente di assaggiarle entrambe, affinché la tua curiosità (e la tua gola) possa essere davvero estinta.

Il babbà

Il babbà è uno dei fiori all’occhiello di questa città. Per chi non lo sapesse non è un dolce propriamente napoletano, bensì ha origine in Polonia. Ma i napoletani hanno saputo replicarlo alla grande e oggi è indispensabile per coloro che fanno una passeggiata per i vicoli del centro.

La delizia al limone

Già dal nome si può capire bene che dolce sia. La delizia al limone è un omaggio al limone di sorrento ed è perfetto per terminare un pranzo o una cena con amici. Ti sciacqua la bocca, è fresco e soprattutto c’è tutta la Campania in un solo cucchiaino.

Il biscotto all’amarena

Nati per non buttare gli scarti dai laboratori della pasticceria, il biscotto all’amarena è un trionfo della napoletanità. La sua nobile origine si somma a tre semplici ingredienti: pasta frolla, cioccolato e confettura di frutti rossi. Chiunque li venda ha un cuore d’oro, perché non butta nulla e non fa distinzioni. Chiunque li venda ha un cuore napoletano.

Migliori vini campani, cinque proposte di assoluto rilievo

Migliori vini campani, cinque proposte di assoluto rilievo

Quali sono i migliori vini campani? Stiamo parlando di una regione all'interno della quale l'enogastronomia ha sempre assunto un ruolo di primo piano. A tal proposito, bisogna saper scegliere il vino adatto ad ogni occasione, puntando magari sull'importanza del Made in Naples. Sono stati pubblicati sul sito di Agrodolce.it e sono estremamente rilevanti per la tradizione locale e non solo.

Gragnano della Penisola Sorrentina

Partiamo da un vino rosso davvero prestigioso. Questa bevanda gustosa può essere abbinata alla classica pizza di scarole, piatto tipico partenopeo estremamente prelibato. Perfetto per pranzi e cene abbondanti, si contraddistingue per un sapore intenso e vivace, in grado di impreziosire pietanze molto appetitose. La sua fama è riuscita ad andare ben oltre la penisola sorrentina.

Campi Flegrei Falanghina Cruna Delago

Proseguiamo con questo vino molto fresco e dall'alta concentrazione di minerali. Può andare benissimo in occasione della Vigilia di Natale, ma si adatta al meglio ad ogni periodo dell'anno. La Falanghina piace per quel suo aroma intenso che richiama al mare e viene generalmente abbinato alle vongole, alle cozze o a qualsiasi altro prodotto tipico del mare.

Campi Flegrei Falanghina Vigna Del Pino

Il nome è praticamente lo stesso rispetto al vino precedente, ma la zona di provenienza varia in maniera sostanziale. Questo tipo di Falanghina proviene dall'area di Agnano, nei pressi del vulcano spento degli Astroni. Diventa delizioso se unito con il baccalà fritto o il tipico capitone partenopeo. Il vino è fresco e ricco di aromi e non può assolutamente mancare sulle tavole napoletane in occasione delle Vigilie di Natale e Capodanno.

Strione

Sempre nei pressi della zona degli Astroni sorge lo Strione, risalente al 2012. Questo vino può essere abbinato alla tipica insalata di rinforzo, che prevede un gustoso mix tra diverse tipologie di ortaggi. La pietanza può essere mescolata con il capitone nelle giornate successive alle principali festività di Natale e Capodanno. Il vino sapido fa da perfetto contraltare alle papaccelle.

Campi Flegrei Piedirosso

Concludiamo questa breve rassegna dedicata ai migliori vini della Campania con questo prodotto della Contrada Salandra. Il Campi Flegrei Piedirosso realizzato nel 2014 va benissimo per carne e verdure di vario genere. Chiunque può abbinarlo come meglio crede, magari aggiungendo dei pezzi di formaggio. Il vino è fresco e genuino, facile da bere e perfetto anche durante la lunga stagione estiva campana.

Migliori vini campani e non solo

Nel complesso, le opportunità ideali per coloro che non vogliono fare a meno dei migliori vini campani sono davvero numerose. Ogni potenziale degustatore può selezionare la propria bevanda preferita all'interno di una selezione pressoché infinita. Se hai intenzione, invece, di scoprire le migliori proposte provenienti da un'altra regione del Nord Italia, scopri i migliori vini trentini su Vino Trentino. Anche in questo caso, c'è solo l'imbarazzo della scelta.

La pastiera napoletana storia, leggende e ricetta

La pastiera napoletana: storia, leggende e ricetta

La Pastiera Napoletana è un dolce tipico pasquale della tradizione partenopea, preparato con ricotta vaccina, grano cotto e uova.

Si comincia a preparare dal Giovedì Santo, e non se ne prepara mai solo una, perché la tradizione vuole che venga mangiata il sabato, la domenica di Pasqua e anche il lunedì di Pasquetta.

La pastiera napoletana è un must per chi ha origini partenopee, non esiste Pasqua senza mangiarne almeno una fetta, rappresenta un vero e proprio simbolo!

Oggi vi raccontiamo miti e leggende sulla Pastiera, un dolce che tutti conoscono, ma di cui pochi sanno davvero la storia delle sue origini, che sembrano essere antichissime.

La leggenda della Sirena Partenope

Ad oggi sono moltissime le persone che credono nelle origini pagane della pastiera; infatti, secondo un’antichissima leggenda, la prima a preparare questo dolce fu proprio la Sirena Partenope, a cui si deve anche la nascita della città di Napoli.

Gli abitanti del luogo, proprio per ringraziare la sirena di aver scelto il Golfo di Napoli come sua dimora, incaricarono 7 delle più belle ragazze dei villaggi di portarle ognuna un dono della natura: farina, ricotta, uova, grano tenero, acqua di fiori d'arancio, spezie e zucchero. Così Partenope, ricevuti i doni decise di mescolarli insieme, e così nacque la pastiera.

La leggenda dei pescatori

Esiste un’altra leggenda che narra la nascita della pastiera napoletana, ed è legata al mondo del mare e dei pescatori.

La storia racconta che le mogli dei pescatori erano solite lasciare sulla spiaggia, in offerta al mare, dei cesti pieni di ricotta, frutta candita, grano, uova e fiori d'arancio, sperando che questo bastasse per far sì che i loro consorti potessero tornare a casa sani e salvi.

Una notte però, durante una forte tempesta, le onde del Mare finirono per mischiare tutti gli ingredienti lasciati nelle ceste e l’indomani le donne, tornate sulla spiaggia, trovarono dei dolci già pronti, le pastiere.

Si dice che il Mare per ringraziarle, non solo aveva fatto tornare i mariti sani e salvi, ma gli aveva anche regalato un dolce delizioso.

La vera ricetta della Pastiera delle suore di San Gregorio Armeno

Tralasciando i riti e le credenze pagane, la storia ci dice che la vera ricetta della Pastiera napoletana così come la conosciamo noi oggi, nacque nel XVI secolo in un convento di suore a San Gregorio Armeno, la strada dei pastori nel centro storico di Napoli, che oggi tutto il mondo conosce per i suoi presepi.

Si narra che in questo convento, la ricetta della Pastiera nacque per caso, perché una delle suore volle sperimentare per riuscire a realizzare un dolce che racchiudesse al suo interno tutti gli ingredienti simbolo della Pasqua.

L’esperimento riuscì più che bene e ben presto, le pastiere della suora diventarono famosissime.

La storia della Pastiera e della “regina che non ride mai”

L’ultimo racconto riguardante la Pastiera napoletana è forse quello più comune che tutti, almeno una volta nella vita, hanno sentito raccontare dai nonni.

La storia racconta di Maria Teresa D'Austria, la moglie del re Ferdinando II di Borbone, che venne soprannominata "la regina che non ride mai”.

Un giorno, dopo forte insistenza del re, suo marito, che pare fosse una persona estremamente golosa, cedette e acconsentì a mangiare una fetta di pastiera.

Si narra che la primo boccone la tristezza della regina improvvisamente scomparve e lasciò il posto ad un grande e bellissimo sorriso, così che il re esclamò: "Per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo".

Vediamo insieme la ricetta che ci hanno inoltrato i ragazzi di https://www.lebuoneforchette.it/.

La ricetta della pastiera dello chef partenopeo Antonino Cannavacciuolo

Sono davvero moltissimi ormai gli chef che propongono ogni anno le loro ricette della pastiera napoletana.

Sappiamo che la vera pastiera è una, ma sappiamo anche che oggi sono tantissime le versioni che vengono proposte.

Abbiamo deciso di prendere in considerazione quella di uno chef le cui origini non potrebbero mai deludere la preparazione di un dolce così tradizionale, delicato ed importante per tutti i partenopei.

Per preparare la pastiera, Cannavacciuolo divide il procedimento del ripieno in 2 fasi, vediamo gli ingredienti per l’una e per l’altra:

  • Fase 1
    • 300 gr di grano cotto
    • 200 ml di latte
    • 1 cucchiaio di strutto (sostituibile con del burro se si preferisce)
    • la scorza di 1 limone
    • la scorza di 1 arancia

  • Fase 2
    • 350 gr di ricotta di bufala fresca (è possibile utilizzare anche una semplice ricotta vaccina)
    • 300 gr di zucchero
    • 4 uova intere
    • 3 tuorli
    • un pizzico di cannella in polvere
    • 150 gr di canditi (arancia e cedro, a cubetti)
    • 5 gocce di aroma di fiori d’arancio

Vediamo ora gli ingredienti per preparare la pasta frolla

  • 390 gr di farina 00
  • 55 gr di farina di mandorle
  • 135 gr di zucchero a velo
  • 75 gr di uova
  • 220 gr di burro
  • 1 bacca di vaniglia
  • 2 g di sale

Procedimento

Per la pasta frolla

In una ciotola capiente mescolare il burro con la farina di mandorle, lo zucchero a velo, la vaniglia e il sale. Unite un po’ alla volta le uova (a temperatura ambiente) e la farina fino a che il composto acquista consistenza e sia lavorabile a mano.

A questo punto formate una palla di impasto ed avvolgetela nella pellicola trasparente.

Riponetela in frigorifero e lasciatela riposare qualche ora.

Per il ripieno

In una pentola cuocete a fuoco bassissimo tutti gli ingredienti della fase A, in modo da ottenere una crema omogenea e senza grumi, mescolando di tanto in tanto per circa 30 minuti.

Una volta raggiunta la giusta consistenza, spegnete il fuoco e conservate il composto a temperatura ambiente (ricordate di eliminare le scorze degli agrumi).

A questo punto iniziate a montare gli ingredienti della fase B in una planetaria o con lo sbattitore elettrico.

In ultimo unite i due composti aggiungendo infine i canditi e l’aroma di fiori d’arancio.

Assemblamento

Stendete la pasta frolla che avrete tirato fuori dal frigo e foderateci una tortiera, lasciandone un po’ da parte per le strisce.

Riempite la teglia con il composto ottenuto dalle 2 fasi di lavorazione e, con la pasta frolla rimasta formate delle strisce, che andrete ad intrecciare sulla superficie della torta.

Infornate e cuocete la pastiera per circa 1 ora a 190° per più o meno un’ora (vale sempre la prova stecchino per controllare la cottura degli ingredienti interni.

Terminato il tempo di cottura, spegnete il forno e lasciate raffreddare la pastiera con il forno socchiuso per almeno 90 minuti.

Servire a temperatura ambiente.

Le migliori cantine in Campania

Le migliori cantine in Campania: 3 aziende vinicole da visitare

La Campania vanta una delle più variegate tradizioni enogastronomiche della penisola italiana e dell'intero globo, non a caso i piatti campani sono oggetto di rivisitazioni dei più grandi chef e, nel corso di millenni, sono diventate pietanze iconiche del mangiare italiano. Non sfugge a questo paradigma del cibo anche ciò che del cibo è da sempre essenziale accompagnamento: il vino.

La nostra regione ha da sempre dato i natali a ottimi prodotti in grado di valorizzare la molteplicità di vitigni autoctoni che costituiscono la ricchezza ampelografica del paese: Asprinio, Falanghina, Fiano e Aglianico sono solo alcuni tra i più famosi. Questi vitigni trovano mirabile espressione nel terroir campano. La tradizione, unita a un territorio che giova dei suoli vulcanici e dell'aria marina, è condensata nel lavoro delle cantine vitivinicole campane.

Ecco dunque 3 cantine in Campania da visitare assolutamente se sei un appassionato o un'appassionata di vino.

1. Cantine Mastroberardino

Probabilmente la cantina della Campania più famosa, sia per l'estensione: 250 ettari vitati che danno vita a una produzione abbondante e diffusa in Italia e all'estero; sia per la storicità della cantina: fondata nel lontano 1878. La quantità, si parla di ben 2 milioni di bottiglie prodotte ogni anno, per una volta è sinonimo di qualità. Vini da assaggiare? Due su tutti: il Fiano di Avellino , nelle sue due versioni "Stilema" e "Radici", e i memorabili Taurasi: "Radici" e "Naturalis Historia". La proprietà è di Piero Mastroberardino, che porta avanti la gloriosa tradizione familiare. Ci troviamo ad Atripalda, in provincia di Avellino.



2. Cantine Marisa Cuomo

Ormai celebre la sig.ra Marisa Cuomo, compagna di Andrea Ferraioli a cui spetta la conduzione enologica, ha fatto en plein di premi grazie ai suoi vini della Costa d'Amalfi, in cui è possibile ritrovare tutto il profumo e i colori del mediterraneo. Un'estensione ben minore rispetto alla precedente: "soli" 20 ettari per la cantina di Marisa Cuomo e una storia più breve che affonda le radici nel 1983. Tuttavia i suoi vini sono diventati un simbolo del made in Italy e nonostante il grandioso successo si ha l'impressione di aver a che fare con una famiglia che ha conservato tutta l'umiltà contadina, nella sua accezione migliore. La cantina di Marisa si trova a "Furore", in provincia di Salerno, che dà il nome a due dei suoi vini più famosi: il "Furore rosso" e il "Furore bianco Fiorduva", non perdeteveli poiché ne rimarrete folgorati.



3. Cantine Apicella

Soli 7 ettari per Giuseppe Apicella, ma tanto tantissimo amore di tutta la famiglia per il loro lavoro. Il papà Giuseppe è sempre vigile e consiglia il figlio Prisco a cui spetta l'attuale conduzione enologica della cantina campana. Ci troviamo a Tramonti, sottozona della splendida denominazione della Costa d'Amalfi. Parliamo di una viticoltura faticosa, di montagna, che dà vita a mirabili frutti. Se andate a trovare la famiglia Apicella potrete abbinare ai vini dei gustosissimi piatti della tradizione contadina della Campania. Non dimenticate di assaggiare il Costa d'Amalfi rosso "A' Scippata", splendido blend di di Tintore (80%) e Piedirosso (20%).



Sulle altre cantine

Quelle menzionate sono solo tre delle splendide cantine che è possibile visitare in Campania se si vuole esplorare l'universo ben assortito dei suoi vini. Non parliamo sicuramente di un elenco esaustivo, quanto di un bel punto di partenza per stimolare la sete, di vino e di conoscenza. Non ce ne vogliano gli altri produttori, capaci e caparbi, che amano il territorio e lo popolano delle loro cantine e dei frutti del loro lavoro.

Prosit!

Pastiera napoletana light

Pastiera napoletana light, una versione leggera è possibile?

Conosciuta in tutto il mondo la pastiera è un dolce tradizionale napoletano, tipico del periodo pasquale la cui storia si fonde alle più antiche leggende della città di Napoli.

L’origine della Pastiera napoletana

Infatti si narra che fosse stata proprio la mitica sirena Partenope a creare questa prelibatezza napoletana, mescolando assieme sette doni. Infatti per ringraziarla della sua dolce e melodiosa voce con cui allietava tutto il Golfo di Napoli la popolazione con un misterioso culto le portava in dono tutti gli ingredienti della pastiera, che lei mescolava per realizzare questo dolce speciale.

Ma non esiste solo questa leggenda, anzi le storie attorno a questo dolce pasquale sono davvero tante. Ad esempio ne esiste una secondo cui alcuni pescatori rimasero in balia del mare per un giorno ed una notte a causa di un improvviso maltempo. Rientrati sulla terra ferma a tutti coloro che gli chiedevano come avessero potuto sopravvivere a quella disavventura, raccontavano di aver mangiato la pasta di ieri, fatta con ricotta uova, grano e aromi.

Ed ecco quindi perché la Pastiera è diventata un simbolo di rinascita e quindi legata alla pasqua, perché oltre ad esser fatta con ingredienti tipici del periodo era riuscita a dare una seconda possibilità agli sfortunati pescatori.

Oppure si narra che la pastiera fosse stata una delle pochissime cose a far sfuggire un sorriso all’austera moglie di Re Ferdinando II di Borbone, Maria Teresa D’Austria, chiamata da tutti “la Regina che non ride mai”. Tant’è che il re commentò “Per far sorridere mia moglie ci voleva la pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”.

C’è anche da dire che esattamente come le sue storie d’origine, anche le sue ricette sono molteplici e differiscono tra loro. Dalla prima ricetta scritta di fine ‘600 alla versione attuale c’è ovviamente una enorme differenza, ma la vera molteplicità è da ritrovare nelle migliaia di piccole versioni, leggermente diverse l’una dall’altra, di cui ogni famiglia napoletana custodisce gelosamente la ricetta.

E proprio pensando a questo concetto e alle mille sfaccettature di questo dolce, anche io ho pensato di creare una mia piccola versione, per aiutare tutte coloro che come me, devono stare attente a ciò che mangiano per non rinunciare alla linea.

La versione Light della Pastiera

Ricetta della Pastiera Napoletana Light

Questa versione della Pastiera ci stata regalata da Samantha Capola. Da qualche anno si occupa di cucina light ma gustosa all'interno del blog Basilico Secco. In questo caso, ha voluto provare a rendere un po’ più leggero questo dolce squisito, senza però cambiarne il gusto e la bontà. Lasciamo a lei la parola.

La mia pastiera napoletana light è infatti un’ottima alternativa per chi non vuole perdere l’occasione di gustare questo famoso dolce tipico di Pasqua ma con un apporto calorico decisamente inferiore.

Rispetto alla versione tradizionale, infatti, questa versione è più leggera perchè esclude il burro e olio, due ingredienti decisamente calorici.

Ha anche meno uova, meno zucchero e meno grassi ma difficilmente qualcuno se ne accorgerà perchè il risultato ti assicuro che è da leccarsi i baffi e chi ha provato la mia ricetta ha sempre fatto un figurone!

Un altro ingrediente che ho, diciamo così, modificato per rendere questa pastiera un po’ più leggera è lo zucchero di canna, in sostituzione allo zucchero bianco raffinato. Inoltre per ripieno, non ho utilizzato solo ricotta vaccina, ma ho dimezzato la sua dose, sostituendo la parte mancante con dello yogurt greco, più leggero e meno grasso.

Spero che i puristi di questa ricetta non si siano offesi dopo aver letto tutto ciò, ma per farla meno calorica un po’ di cambiamenti sono necessari!

Tant’è vero che per la pasta esterna, ho deciso di utilizzare una pasta frolla allo yogurt, per eliminare grassi calorici come olio e burro. Come farina puoi utilizzare della farina integrale oppure scegliere di utilizzare solo farina 00, anche se raffinata e priva di fibre.

Le dosi che troverai nella mia ricetta sono per un “ruoto” da 26 centimetri di diametro.

Putroppo anche se i vegetariani possono gustare questa deliziosa pastiera in tutta tranquillità, purtroppo per i vegani potrebbe rappresentare un problema la presenza delle uova e della ricotta. Qui trovi la mia ricetta per la pastiera napoletana light 

Cliccando avrai la possibilità di vedere tutte le foto dei passaggi con tutte le informazioni per realizzarla alla perfezione!

Come preparare le Lasagne di Carnevale: un piatto tipico della regione Campania

Come preparare le Lasagne di Carnevale: un piatto tipico della regione Campania

Lasagne di Carnevale: ecco come prepararle

Se non sai cosa preparare per il Carnevale, allora non puoi proprio fare a meno di prendere in considerazione una possibilità alquanto interessante: le lasagne pensate per questo tipo di festa. Sin da subito devi sapere che la preparazione richiederà all'incirca un'oretta di tempo. La ricetta in sé è di quelle impegnative, ma i cuochi con un certo grado di esperienza alle spalle.

Si tratta comunque di un primo piatto molto tradizionale, ma anche particolarmente gustoso. Come dice anche il nome, esso si compone di numerosi strati di sfoglia che a loro volta includono diversi ingredienti particolari: il formaggio, le polpette, la salsiccia e persino il sugo con la carne. Tutto questo fa del piatto in questione una possibilità ideale per celebrare il Carnevale.

Lasagne di Carnevale: ingredienti per 6 porzioni

Se vuoi preparare le lasagne di Carnevale per 6 persone, devi munirti dei seguenti ingredienti:

  • - mezzo chilo di lasagne (solo semola di grano duro, senza le uova);
  • - circa 330 grammi di mozzarella;
  • - circa 300 grammi di ricotta;
  • - circa 300 grammi di lonza di maiale;
  • - circa 200 grammi di salsiccia;
  • - bastano 2 uova;
  • - 1 barattolo di passata di pomodoro;
  • - della pancetta secondo il gusto (in media circa 50 grammi);
  • - circa 90 grammi di burro;
  • - circa 60 grammi di formaggio grattugiato;
  • - formaggio per l'ultimo strato di lasagna;
  • - 1 carota, 1 cipolla, un po' di vino rosso, 1 costa di sedano;
  • - non dimenticarti dell'olio di oliva (extravergine preferibilmente)
  • - pepe e sale.

Lasagne di Carnevale: ricetta di preparazione

Per iniziare a preparare le lasagne di Carnevale bisogna rivolgere le proprie attenzioni verso tutto ciò che riguarda la preparazione del sugo e la cottura della lonza. Si tratta di un lavoro che richiede all'incirca 3 ore.

Prima di ogni altra cosa, devi munirti di una padella antiaderente (se non ne hai una, puoi acquistarla prendendo spunto da questo articopo pubblicato su s-m-webblog.com) e lasciarci fondere il burro.

Quindi devi insaporire il sedano, la pancetta, la carota e la cipolla. Fatto questo, bisogna aggiungerci anche la carne e far colorire il tutto sul fuoco.

Per attenersi alla ricetta tradizionale delle lasagne di Carnevale devi anche spruzzarci del vino (circa 1/2 bicchiere) per poi lasciar evaporare. A questo punto si deve unire al piatto anche il pomodoro, il pepe, il sale e il vino rimanente (altro 1/2 bicchiere) per poi cuocere il tutto a fuoco lento per circa 3 ore.

Quando avrai completato questi passaggi, sarai sicuramente a un buon punto nella ricetta, ma dovrai compiere anche altre operazioni.

In particolare, devi lavorare con la carne. Per farlo ritirala, tritala al coltello e dividila a metà. Di queste due parti solo una metà va rimessa indietro nel sugo. Per quanto concerne l'altra metà della carne, la devi mettere in un'apposita ciotola con tanto di un uovo, del formaggio grattugiato e un po' di pangrattato. In questa fase devi impastare per bene il tutto con le mani e poi ricavarne delle polpette di dimensioni abbastanza piccole.

Queste vanno quindi fritte in un olio ben caldo. Quando le polpette saranno dorate, potrai toglierle dall'olio e trasferirle su di una carta assorbente. Qui le devi lasciare ad asciugarsi per un po', in modo che possa scendere tutto l'olio.

Mentre le polpette di carne si asciugano su della carta assorbente, prendi un padellino e mettilo sul fuoco. Su questa padella devi mettere una noce di burro e lasciarla sul fuoco finché non si scioglierà.

Il burro in questione sarà utile per insaporire successivamente la salsiccia. Quando quest'ultima sarà rosolata in modo uniforme da tutti i lati, bisognerà riprenderla dal fuoco. Successivamente la devi intiepidire, spellarla e quindi tagliarla a varie fettine.

Durante la preparazione non devi affatto dimenticarti di tutto ciò che riguarda la ricotta. Prendila e lavorala a crema aggiungendola a un uovo. Nella ciotola che contiene la ricotta va aggiunge anche del sale, del pepe e il formaggio grattugiato rimasto. Nota bene: devi mescolare il tutto in modo uniforme per ottenere un composto che unisca tutti gli ingredienti.

Le lasagne vanno lessate in dell'acqua bollente con un po' di sale. Questo passaggio lo devi compiere anche se le sfoglie di pasta che userai non richiedono di essere necessariamente sbollentate, in modo da ammorbidirle un po'.

In questo modo, nelle fasi successive della preparazione, potrai gestire meglio l'inserimento dei vari ingredienti tra gli strati di pasta. Inoltre, la presenza di sfoglie ammorbidite ti aiuteranno a inserirci anche le polpette.

Se ti sei assicurato di avere a portata di mano degli strati abbastanza morbidi, puoi procedere con la creazione della lasagna. Per iniziare, disponi le sfoglie a strati in una pirofila che è stata precedentemente imburrata. Tra le varie sfoglie devi metterti gli ingredienti della lasagna, ma non esagerare. Questo perché la disposizione degli ingredienti va eseguita in modo uniforme e la tua lasagna non sarà buona se una delle pietanze ti finirà prima del completamento della lasagna.

Quindi, in ogni strato mettici un po' di formaggio, sugo, ricotta, polpettine e così via. Se riuscirai a uniformare per bene il tutto, avrai sicuramente fatto un'ottima lasagna di Carnevale.

Quando arriverai all'ultimo strato della lasagna, ci dovrai mettere il formaggio restante, il sugo, e la mozzarella che ti è rimasta. Qui puoi esagerare con gli ingredienti, in quanto la parte superiore della lasagna è quella che viene ammirata per prima facendo nascere l'acquolina in bocca.

A questo punto la tua lasagna è pronta e la devi mettere nel forno preriscaldato per cuocerla a 180° per 20 minuti circa. Non appena la tua lasagna di Carnevale sarà a tutti gli effetti pronta, dovrai estrarla dal forno, farla riposare per qualche minuto e quindi servirla ben calda a tavola.

La bevanda di accompagnamento per la lasagna di Carnevale può essere molto variabile e si spazia da un bicchiere di vino, passando per la birra, senza dimenticarsi di bevande gassate analcoliche: ognuno sceglie in base ai propri gusti!

Caponata napoletana

Ricetta della caponata napoletana

La Caponata napoletana, tra le più famose ricette tipiche della tradizione partenopea.

Un piatto dalle tradizioni antiche, realizzato con materie prime tipiche campane, dedicato a chi ama i sapori tipici del meridione.

Gli ingredienti per quattro persone

Nella versione classica della Caponata Napoletana, le acciughe 15 circa sono indispensabili.

Sebbene in molte versioni della caponata le alici spesso non appaiono, personalmente ritengo che non si possa parlare di piatto tipico, napoletano in assenza di alici marinate, almeno secondo quanto mi riporta mia nonna, le altre versioni non posso che definirle rivisitazioni semplici della Caponata.

Al fine di raggiungere l’effetto desiderato, è bene che le alici siano adeguatamente pulite e divise a metà e per svolgere quest’operazione è necessario fornirsi di un buon coltello da cucina, l’operazione di pulizia infatti potrebbe rivelarsi meno facile di quanto si crede.

Le Freselle, Se non hai assaggiato una fresella napoletana, non puoi dire di essere stato a Napoli, pertanto quindi si raccomanda l’utilizzo di freselle di grano duro, maggiormente resistenti da non bagnare eccessivamente in fase di lavorazione.

Pomodorini, da tagliare a spicchi possibilmente a 4 o più pezzi. Melanzane sott’olio fatte in casa. Attenzione! La melanzana sottolio possibilmente deve essere piccante. Non eccessivamente, ma quanto basta per rinnovare il sapore della melanzana. Per ricreare il giusto effetto è anche possibile aggiungere un peperoncino al barattolo di vetro acquistato per qualche giorno, se non si ha il tempo di fare le melanzane sott’olio fatte in casa.

Olive verdi circa 100 grammi e 6 cucchiai circa di olio nostrano.

Poi chiaramente Sale, Pepe, Aglio.

La difficoltà di preparazione della caponata napoletana è bassa, la principale difficoltà infatti sta nel reperire gli ingredienti tipici partenopei, senza accontentarsi di prodotti di seconda scelta, se non si vuole un piatto di seconda scelta.

Preparazione

Importante è separare gli ingredienti principali, cosi da poterli dosare gradualmente in fase di preparazione. Adesso prendere una parte delle alici già pulite, sminuzzarle nel pomodoro già tagliato e condire il tutto con olio e sale, lasciando riposare il tutto per circa 5 minuti. È importante lasciare una parte delle alici intere, cosi da portele usare in fase di decorazione dell’a caponata napoletana.

A questo punto, bagnare le freselle senza esagerare, ricordando che queste continueranno ad ammorbidirsi anche dopo averle bagnate. Quindi attenzione a non esagerare con l’acqua.

A questo punto potete iniziare a coprire le freselle che avete fatto riposare nel piatto, con i pomodorini precedentemente preparati, una volta distribuiti adeguatamente sulla fresella, fate lo stesso con le melanzane sott’olio. Se non avete esagerato in precedenza con l’acqua nella fresella, quest’ultima dovrebbe riuscire a mantenere la propria forma e la propria fragranza senza rompersi.

Terminata questa fase, aggiunte anche le melanzane sott’olio già tagliate a listarelle, è possibile aggiungere le olive a volontà.

A questo punto, se avete lasciato spazio senza esagerare con le olive, potete riprendere le alici marinate già pulite che avete lasciato da parte intere, e potete iniziare a realizzare la vostra composizione.

Personalmente, anche per una questione di spazio, consiglio il posizionamento delle alici a stella, in modo che solo un’estremità si tocchi con tutte le altre. La dislocazione delle alici in questo modo è funzionale per diversi aspetti. In primo luogo sarà più facile fare le diverse porzioni, così da poter dividere adeguatamente la dose, in secondo luogo, nel fare la divisione, sarà possibile lasciare integra almeno un’alice di quelle posate sulla fresella, lasciando anche all’occhio la propria parte.

Sperando che la ricetta sia di vostro gusto, e che non abbiate esagerato con l’acqua sulle freselle probabilmente uno dei passaggi più difficili, proprio perché apparentemente semplici, vi auguro un buon appetito.

frittata di maccheroni napoletana

5 piatti della tradizione campana da provare almeno una volta nella vita

Viaggiare in Campania significa immergersi in un incantevole mondo fatto non solo di straordinari paesaggi naturali, ma anche di sapori intensi e unici. Il cibo della tradizione campana è in grado di soddisfare tutti i palati, anche quelli più esigenti e raffinati. Sono davvero numerose le ricette tipiche che testimoniano l'amore per la terra e la passione per la cucina, oltre che rappresentare vere e proprie testimonianze culturali che si tramandano nel tempo.

Questo articolo racchiude i piatti tipici della Campania più apprezzati. Sono state appositamente selezionate le ricette di primi e secondi che raccontano la tradizione della ragione.

Il ragù napoletano

Il ragù è sinonimo di Campania e più nello specifico di Napoli. Viene preparato in casa specialmente durante i pranzi domenicali a partire dalle prime luci del giorno. Percorrendo Napoli sarà facile avvertire un profumo di ragù che si diffonde lungo le vie delle città, e che trasmette un’immediata sensazione di casa, famiglia e amore. Il ragù è il condimento tipico per i primi piatti a base di pasta e che spesso viene consumato per fare la scarpetta con fette di pane fresco e fragrante. Inoltre viene usato in abbinamento a puntine di maiale, nervetti o involtini di carne. Il ragù riunisce le famiglie di Napoli e rappresenta una vera tradizione locale a cui ogni campano non riesce dire no.

L'impepata di cozze

Altro piatto della tradizione campana ricco di gusto e dal profumo inebriante è sicuramente l'impepata di cozze, realizzata solo con due ingredienti, le cozze e il pepe. Condita con limoni freschi, tagliati in quattro parti, l'impepata è il classico esempio di come una preparazione così semplice possa primeggiare su tante altre molto più complesse ed elaborate. Questo piatto viene realizzato soprattutto per allietare le tavole estive, in compagnia di amici e parenti.

La pasta lardiata

Campania è anche Lardiata, ricetta di origine napoletane a base di ziti, mezzanelli, paccheri o maccheroni lardiati. Nota anche come allardiata, rappresenta una ricetta da provare assolutamente una volta giunti in Campania. Viene preparata sia in casa che presso i numerosi ristoranti del posto e si caratterizza per il sapore avvolgente. Questo piatto succulento oltre alla pasta prevede pomodori, lardo, aglio, peperoncino e il tocco del pecorino grattugiato. Attenzione massima per il lardo che deve essere ridotto sotto forma purea usando un coltello adeguato e i pomodorini cotti al punto giusto puntino.

La frittata di maccheroni

Nell'ambito dei primi piatti campani uno posto di assoluto rilievo è anche occupato dalla celebre frittata di maccheroni, piatto molto estivo e anche da asporto che viene spesso preparato per riutilizzare la pasta preparata erroneamente in eccesso a pranzo. Questa ricetta, molto comune in tante case campane, è anche quella preferita durante le scampagnate, le gite fuori porta e le giornate a mare. Una vera e propria bontà per il palato che offre il vantaggio di potere essere consumata, e di presentarsi persino più buona, senza doverla riscaldare.

La salsiccia con friarielli

Infine merita sicuramente una segnalazione la salsiccia con friarielli, quest'ultimi lessati, scolati e ripassati, oppure semplicemente saltati in padella con spicchio di aglio e olio. Questo piatto è uno di quelli maggiormente consumati in tutte le parti della Campania e che forse, più di tanti altri, esprime la vivacità e la passione di questa regione. Le salsicce con friarielli si rivela un abbinamento perfetto a cui sarà molto difficile resistere e non chiedere un bis.

Mele annurche

Mele annurche della Campania: aiutano contro la calvizia

Il problema della calvizia è piuttosto comune tra gli uomini. Con l’avanzare dell’età infatti i capelli tendono a farsi più sottili e a cadere in quantità superiori rispetto a quelle fisiologiche. Come ci spiega www.stopcaduta.it.

Non si tratta di una malattia, ma di un sintomo. Devi infatti considerare che i capelli hanno un preciso ciclo di vita ed è suddiviso in tre fasi e queste sono regolate dall'attività del follicolo pilifero. Quando queste cellule proliferano siamo nella fase anagen e dura tra i 2 e i 7 anni. Questa grande differenza di tempo dipende da fattori ormonali ed ereditari. C'è poi la fase catagen, che è il periodo in cui si arresta gradualmente l'attività follicolare e dura circa 2 o 3 settimane. Infine troviamo la fase Telogen, dove vi è un periodo di riposo del follico che precede la caduta dei capelli. Dura circa 2-3 settimane. Dopo la caduta del capello in condizioni normali il follicolo si riattiva ed ecco che riparte con la fase anagen.

Le cause che provocano la caduta dei capelli sono diverse. Già durante l'età avanzata è normale vedere che i follicoli piliferi subiscono una involuzione, così come gli ormoni sessuali maschile giocano secondo gli esperti un ruolo fondamentale. Tra le altre cause troviamo una predisposizione genetica, un periodo particolarmente stressante o infiammazioni locali.

La diagnosi dell'alopecia deve essere svolta da un medico. E' altamente sconsigliato infatti fare un'auto-diagnosi. Il rischio è quello di catalogare la perdita di capelli patologica come un periodo passeggero per via dello stress o l'alimentazione. Il medico invece effettuando l'analisi del pelo si rende conto se è davvero un momento passeggero oppure se si tratta di alopecia androgenetica.

Esistono diversi tipi di trattamenti per l'alopecia androgenetica, però è necessario intervenire già dai primi sintomi. In questo caso ci sono farmaci da somministrare localmente per stimolare il follicolo pilifero. Per le donne i farmaci da utilizzare sono differenti e sono a base di progestinici o estrogeni da applicare sempre localmente.

Tra le altre soluzioni prese in considerazione troviamo il trapianto di capelli, il quale però non è sempre efficace. Può esserlo ma solo se è stato risolto il problema alla base, cioè è stata individuata la causa.

Degli studi interessanti in realtà arrivano anche dal campo naturale. Il Dipartimento di Farmacia della Federico II ha fatto recentemente una importante scoperta nel settore. Ha scoperto infatti che un frutto tipico campano può contrastare l’alopecia. Si tratta della mela annurca.

Già lo sappiamo da tempo che le mele sono importantissime per la nostra salute. Però fino a oggi non era stato portato in evidenza che potesse portare dei risultati anche per quanto riguarda la caduta dei capelli patologica, cioè l’alopecia.

Si tratta infatti di una assoluta novità e la tesi è stata sostenuta dal direttore del dipartimento universitario, Ettore Novellino. Insieme al suo gruppo di ricercatori ha scoperto che la mela annurca, che cresce nella regione Campania, ha un’elevata concentrazione di procianidina B2, superiore rispetto ad altre tipologie di mele.

Questa vitamina secondo gli studi può contrastare il progressivo diradamento dei capelli tanto negli uomini quanto nelle donne. Assumendo regolarmente questo tipo di mele i capelli sono protetti dai danni dovuti anche dagli ossidanti presenti nell’ambiente.

La mela di per se fa bene, però per poter assumere le giuste quantità di questa vitamina la scelta più opportuna è far uso degli integratori nutraceutici. Il principio attivo viene ricavato proprio da questa tipologia di mela. E’ possibile comprarli sia nelle farmacie del Lazio che della Campania. Non mancherà molto che tali prodotti saranno disponibili in tutta Italia.

Fusilli

La pasta di Gragnano: eccellenza italiana nel mondo

La Campania ha regalato all'Italia alcuni dei migliori prodotti della nostra tradizione culinaria. Dalla pizza alla frittura, dai friarielli alla bufala. Questa terra è uno dei migliori vivai dove coltivare la nostra gastronomia, poiché racchiude in sé segreti, tradizioni e sapori unici nel mondo.

Anche la pasta di Gragnano fa parte di questi tesori, poiché è parte integrante della storia di Napoli. Con il suo avvento, nel XVI secolo, ha cambiato il modo di concepire i pasti e la tradizione e ha reso, grazie ad un microclima unico, questa zona di mondo la massima produttrice di pasta su scala globale. Ancora oggi viene riconosciuta l'unicità di questo prodotto, tanto tradizionale quanto iconico. Se la pasta rappresenta l'Italia nel mondo lo dobbiamo, in larga parte, proprio a Gragnano.

Affidarsi alla tradizione di Gragnano significa scegliere storia, fedeltà, competenza e tradizione

Scegliere Gragnano significa scegliere la miglior farina di semola e con la sola acqua del territorio. E' infatti questo il vero segreto di questo prodotto eccezionale. La pasta viene prodotta solo attraverso la selezione delle migliori semole, e l'acqua di Napoli è il vero segreto di questa meravigliosa terra. Le sue proprietà nutritive, infatti, rende questo oro liquido speciale. Il processo di lavorazione è composto di diverse fasi: un impasto di prodotti esclusivi e genuini, la gramolatura, durante la quale l'impasto viene reso omogeneo e, infine, la trafilatura.

Questo è forse il processo più nobile di tutti, poiché la pasta viene inserita all'interno di trafile in bronzo, che rendono l'impasto ancor più nobile. La pasta, infine, viene lasciata ad essiccare, raffreddata e stabilizzata ad una temperatura compresa tra i 40° e gli 80°, per una tempistica variabile tra le sei e le sessanta ore. La pasta, infine, viene ventilata e, infine, fatta raffreddare. Il confezionamento va completato entro un giorno intero al completamento della produzione.
Questo intero processo è ciò che giustifica il prezzo della pasta di Gragnano IGP, leggermente al di sopra della media. La qualità, in fondo, è normale che abbia un prezzo.

La pasta di Gragnagno IGP si presenta dorata al punto giusto e omogenea, ha una superficie particolarmente ruvida causata dalla trafilatura al bronzo, poiché questo tipo di struttura riesce a far impregnare il prodotto di condimenti. Una volta cotta, la pasta si presenta compatta, con un deciso odore e sapore di grano.

La città di Gragnano: qualità e sapore vanno preservate anche a casa

La pasta di Gragnano IGP non è soltanto un'eccellenza, ma un intero territorio. La città di Gragnano, infatti, viene riconosciuta universalmente come la città della pasta e l'influenza che questo prodotto ha avuto sull'intera popolazione locale è evidente. L'intera conformazione di questo paese è stata elaborata in base alla produzione di questa eccezionale materia prima. La località continuò ad espandersi, in proporzione diretta alla notorietà della sua pasta nel mondo. Nel 1843 un piano urbanistico ridisegnò completamente la fisionomia della città, portandola all'apice di quella cultura stessa.

La pasta di Gragnano si può conservare sino ad una durata massima di circa tre anni, a patto che venga mantenuta sigillata in un luogo a temperatura costante. Durante la fase di cottura, è importante che la pentola sia sufficientemente ampia da non permettere alla pasta di incollarsi. Il rapporto corretto dovrebbe essere circa 1 litro di acqua per ogni 100 grammi di pasta.

In commercio esistono diverse tipologie di pasta in vari formati, adattandosi ad ogni tipo di cliente, gusto o sapore. Esistono diverse tipologie di pasta, sigillati in confezioni dal differente peso.

Gusti, sapori e tradizioni che portano l'Italia in alto nel mondo: lo straordinario valore di Gragnano

La pasta di Gragnano IGP è un tesoro della nostra tradizione nazional-popolare. Ha avuto largo consenso sia in territorio nazionale, sia in campo estero, trasportando la nostra cultura gastronomica in giro per il mondo. E' un vanto di cui tutti possiamo essere orgogliosi, poiché rappresenta l'eccellenza. Una storia secolare, che ci è stata tramandata nel corso degli anni e che continuerà a portare in alto il tricolore nel mondo.
La tradizione della pasta di Gragnano IGP va difesa e condivisa.

La pastiera napoletana

I dolci tipici della tradizione campana

Dolci tipici della Campania

In quest’articolo parleremo di così tante delizie che a molti di voi verrà l’acquolina in bocca! Faremo un viaggio, infatti, tra dolci e dolcetti della tradizione Campana, terra fortemente legata ai sapori e al cibo. Ecco una lista golosissima di dolci Campani tipici:

La pastiera napoletana

Al primo pasto tra i dolci tipici della tradizione campana troviamo la pastiera napoletana. Si tratta di un dolce non legato esclusivamente alla città di Napoli come invece il nome fa desumere.

La pastiera napoletana viene preparata con la base di pasta frolla farcita al suo interno con ricotta, latte bollito e scorze di arancia candita. Una volta cotta la pastiera si presenta come una vera e propria crostata dai bordi tendenti al giallo oro e la superficie decorata con intrecci di larghe strisce di frolla.

I dolci tipici della tradizione campana

Il babbà

Il babbà è un altro dei dolci appartenenti alla tradizione campana dei pasticcini napoletani.
Si tratta di dolce estremamente morbido, grazie al rhum con il quale viene imbevuto.

Le sue dimensioni cambiano a seconda dello scopo: se sono necessarie per la piccola pasticceria i babbà tendono ad avere misure ridotte, altrimenti possono diventare delle vere e proprie torte.

I dolci tipici della tradizione campana

La sfogliatella

Tra i dolci tipici campani non può mancare assolutamente le sfogliatelle. Conosciute in tutto il mondo, le sue antiche tradizioni riconducibili alla località della provincia di Salerno Conca dei Marini.

La leggenda narra nello specifico che la sfogliatella veniva preparata delle monache di un vecchio monastero, usando la pasta di semola avanzata che veniva poi unita alla frutta secca, al limoncello e allo zucchero.

Il successo delle sfogliatelle è diventato davvero enorme tant’è che la ricetta è stata poi ripresa e revisionata da Pasquale Pintauro, un noto pasticcere di Napoli.

Questo dolce campano viene realizzato a forma di fagottino con la superficie increspata e il suo gustoso interno viene riempito con zucchero, ricotta, uovo, semolino e un’aggiunta di vaniglia o cannella.

I dolci tipici della tradizione campana

La torta caprese

Tra i dolci campani più amati e apprezzati ci sono anche quelli che sono nati per caso, con qualche ingrediente in meno!

Tra questi c’è la torta caprese nata verso il 1920 dal pasticcere Carmine di Fiore. Mentre preparava un dolce a base di cioccolato e mandorle, dimenticò di inserire nell’imposto la farina e questo gli permise di inventare una nuova ricetta, che fu chiamata in seguito torta caprese.

Un dolce molto morbido, che avvolge il palato con il suo sapore intenso di cioccolato e con le note decisamente inconfondibili delle mandorle. L’impasto viene realizzato utilizzando, burro, zucchero, uova, cacao amore e mandorle tritate.

I dolci tipici della tradizione campana

La delizia al limone

Continuando il nostro “tour” alla scoperta dei dolci campani gustiamo insieme un’ottima delizia al limone, torta preparata con il limoncello e con una soffice farcitura di crema al limone.

Questa ricetta anche se è stata inventata solo pochi anni fa più precisamente nel 1978, ma ha già ottenuto importanti riconoscimenti come quello di specialità dolciaria e l’iscrizione al registro dei PAT del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

I dolci tipici della tradizione campana

La zuppa inglese napoletana

Un dolce tipico napoletano è la zuppa inglese in versione partenopea, goloso dolce al cucchiaio dalla consistenza morbida e cremosa, molto amato da coloro prediligono il sapore della meringa.

L’impasto viene preparato imbevendo strati di Pan di Spagna con il rum, che si alternano con la crema pasticcera alle amarene, ricoperto poi da uno strato di meringa avvolgente. Delizioso e molto scenografico.

I dolci tipici della tradizione campana

Il torrone napoletano

Dolce tipico napoletano uno dei più famosi dolci della tradizione, il torrone napoletano è detto anche torrone dei morti, in quanto dolcetto dei giorni di Ognissanti e dei defunti.

Realizzato con un impasto morbido al cioccolato, che può essere sia bianco che fondente. Viene riempito con ingredienti unici: mandorle, pistacchi, nocciole e ne esiste anche una versione dalla consistenza più dura, farcito con miele e vari tipi di frutta secca.

I dolci tipici della tradizione campana

La Scazzetta del Cardinale

Per terminare con dolci tipici della Campania, da Salerno proviene invece la torta Scazzetta del Cardinale. Le origini di questo dolce sono molto antiche e continuano anche oggi ad avere un grande successo.

Il Pan di Spagna nella torta viene farcito con crema Chantilly e fragole di bosco, il dolce ideale da servire durante occasioni speciali. La forma del dolce deve corrispondere a quello di una cupola mentre la glassa rosa colata sopra tende a formare un vero e proprio copricapo. Uno dei dolci più colorati e golosi della tradizione culinaria Campana.